lunedì 27 febbraio 2012

Corazzata Roma

L’affondamento della corazzata Roma
foto dell'epoca

Il triste episodio avvenuto il 9 settembre 1943, con la morte di circa 1500 uomini di equipaggio, tra marinai, ufficiali e lo stesso comandante della flotta, amm. Carlo Bergamini, è stato descritto da vari autori, e tra questi il capitano di vascello Sergio Santi, che ha effettuato minuziose ricerche negli archivi di varie nazioni ed ha appreso notizie da protagonisti superstiti.

Ciò che qui si vuole mettere in rilievo è il fatto se era possibile evitare tale disastro per le vittime umane falciate in così enorme misura in un sol colpo e la perdita di un patrimonio economico di ingente valore.

Questo quesito perché non si è mai cancellato nell’animo dei piloti dell’8° Gruppo Caccia, del loro Comandante magg.Mario Bacich, e dello storico ten. Giuseppe Pesce, ambedue poi Generali di Squadra Aerea, ed ora scomparsi, il cruccio di non aver potuto difendere la Flotta in quel tragico evento.

Perché il Gruppo, dislocato sull’aeroporto di Sarzana, con circa 30 Macchi 200 efficienti, aveva il suo compito essenziale di scorta alla Squadra navale di La Spezia e dipendeva direttamente dal Comandante della flotta, amm. Bergamini.

Riepilogando gli avvenimenti che precedettero l’infausto evento, ricordiamo che dopo la caduta del fascismo del 25 luglio ’43 si iniziarono le trattative segrete per l’armistizio con gli anglo-americani già nella prima decade di agosto.

Il governo inglese e quello americano concordavano il testo dell’atto con le condizioni da imporre all’Italia tra cui quella contenuta nel paragrafo 4, cioè la resa immediata della flotta italiana e il suo immediato trasferimento nei porti che sarebbero stati indicati. Questo intento viene esplicitato a Lisbona il 19 agosto dal gen. Bedell Smith al gen. Castellano il quale formula l’ipotesi di autoaffondamento della flotta in caso di resa disonorevole Smith risponde che la Regia Marina sarebbe stata trattata in modo onorevole. Anche la flotta aerea doveva essere consegnata, benchè questa ormai esigua e di minor valore. Da queste premesse di quanto avvenuto nel mese di agosto, passiamo ad esaminare i giorni cruciali del settembre.

Il 3 settembre Badoglio convoca il ministro de Courten, ammiraglio e Capo di Stato Maggiore, della Marina, e gli altri due Capi di Stato Maggiore dell’Aeronautica e dell’Esercito, e li informa che “ sono in corso trattative per concludere un armistizio con gli anglo-americani “ e aggiunge che la notizia dovrà rimanere segreta.

Lo stesso 3 settembre, a Cassibile (RG) il gen. Castellano, a nome del Maresciallo Badoglio, firma lo “ Short Military armistice “ contenente 13 clausole, tra cui la n.4 che indicava “il trasferimento immediato della flotta italiana e degli aerei italiani in quei luoghi che potranno essere designati dal Comando Alleato con i particolari del loro disarmo da questo fissato”

Il Capo di Stato Maggiore di Cunnigham, commodoro Dick, comandante la flotta alleata nel Mediterraneo fa conoscere al gen. Castellano le particolari richieste navali e specifica che le navi di La Spezia dovranno recarsi alla cala di Bona in Tunisia e quelle dello Ionio direttamente a Malta. Gli annuncia per l’indomani un promemoria al quale la flotta italiana avrebbe dovuto attenersi scrupolosamente allo scopo di “evitare che le navi italiane e quelle alleate si incontrassero e combattessero al buio”. Fa seguire poi le istruzioni.

Il 5 settembre il Capo di Stato Maggiore Generale, gen, Ambrosio chiede all’amm. de Courten una motosilurante per portare da Gaeta a Ustica alcuni ufficiali che dovevano andare a Palermo con un mezzo americano per accompagnare a Roma due alti ufficiali alleati. Questi, giunti a Roma, intendevano predisporre un aviosbarco in detta zona, ma furono dissuasi da Castellano e dallo stesso Ambrosio.

Il giorno 8 settembre l’enorme macchina bellica alleata parte per l’operazione AVALANCHE, cioè lo sbarco a Salerno. Viene sospesa invece l’operazione di aviosbarco nella zona di Roma.

Proseguono intanto le trattative sulla richiesta italiana di concentrare la flotta a La Maddalena, anziché a Bona e gli altri porti indicati, nell’intento di trasferire il re e il governo in Sardegna. Vengono attesi ordini prima di far muovere la Squadra navale da La Spezia. La richiesta viene respinta.

Alle 12.00 dell’8 Settembre viene bombardato da B17 il centro di Frascati, popolato da civili, mentre vengono incredibilmente risparmiate le ville tuscolane di Frascati, sede dei comandi militari tedeschi.

Da Algeri alle 12,30 il gen. Castellano invia a Roma un telegramma in cui fa presente che per il Comando alleato l’armistizio deve essere annunciato alle 18,30, così come avverrà.

Alle 17.00 dell’ 8 Settembre il Re rientra velocemente al Quirinale per un veloce Consiglio della Corona.

Proclama di Badoglio: Il Governo italiano riconosciuta l’impossibilità di continuare l’impari lotta con la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al gen. Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno a eventuali attacchi di qualsiasi altra provenienza.

Tutto ciò che poi avviene nei vari comandi della Marina è descritto da Sergio Santi.

Quello che a noi ora interessa rilevare è la incongruenza del comportamento dei Capi di Stato Maggiore, Marina, Esercito, Aeronautica italiani. Non hanno salvaguardato le vite umane perse inutilmente nel periodo da metà agosto all’ 8 settembre, e quelle che seguirono dopo la diaspora delle forze armate per non avere dato ordini ai reparti dipendenti.

In particolare si mettono in rilievo le anomalie in quei giorni tra le Forze navali e quelle aeree. Il punto è che la “Roma” fu affondata perché non aveva la difesa aerea. Ma invece la aveva avuta, seppure in misura ridotta, fino al 7 settembre da parte dell’ 8° Gruppo Autonomo Caccia terrestre che era dislocato a Sarzana e Metato e che prendeva ordini direttamente dall’amm. Bergamini. La mattina dell’ 8 settembre inaspettatamente venne l’ordine all’ 8: Gruppo di trasferirsi subito sull’aeroporto di Littoria (ora Latina) per affrontare lo sbarco americano a Salerno. L’amm. Bergamini avrebbe dovuto opporsi a tale disposizione e trattenere la forza aerea a propria difesa.

La Squadra navale, composta da tre corazzate – Roma, Vittorio Veneto, Italia -, da sei incrociatori, da nove cacciatorpediniere, si mosse da La Spezia la mattina del 9 settembre e navigava nell’alto Tirreno diretta a La Maddalena. Arrivata nei pressi di questa località ricevette un dispaccio che ordinava di invertire immediatamente la rotta e di dirigersi in Tunisia a Bona perché i tedeschi avevano occupato la Maddalena.

Fino a quel momento gli aviatori tedeschi di Wolfram von Richthofen seguirono lo sviluppo dell’azione con velivoli ricognitori, appena ebbero notizia della rinuncia delle FFNNBB di attraccare alla Maddalena venne ordinato il decollo di due ondate di velivoli da bombardamento.
I primi apparecchi Junker tedeschi apparvero sulla flotta alle 15,10. Quaranta minuti dopo un altro gruppo di bombardieri ricomparve ad un’altezza irraggiungibile dalla contraerea navale e sganciò una prima bomba che cadde sulla corazzata Italia senza procurare gravi danni, ma poi due bombe razzo perforanti colpirono in pieno la corazzata Roma e la nave si spezzò in due tronconi e colò a picco trascinandosi quasi l’intero equipaggio. Dei 1948 uomini presenti, 1362 perdettero la vita, compreso l’amm. Bergamini e il suo Stato Maggiore. Il giorno successivo le altre navi raggiunsero Malta.

Ecco come descrive l’episodio l’amm. Vincenzo Casini, all’epoca guardiamarina imbarcato sulla Roma:
La nave “ fu affondata da due micidiali bombe di nuovo tipo. La prima non colpì la fiancata della nave ma cadde in coperta, attraversò tutta la nave ed esplose sotto la chiglia proprio come una mina. Un danno grave non letale. Ben altro invece produsse la seconda che cadde non sulla torre 2 grosso calibro ma subito a poppavia del Torrione Comando e precisamente fra il Torrione stesso e il complesso di 152 mm., sul lato sinistro (il n.2 dei quattro esistenti). La bomba attraversò la coperta e purtroppo finì nel deposito munizioni di medio calibro. La conseguente deflagrazione innescò immediatamente quella del vicino deposito di grosso calibro. Il risultato fu catastrofico e determinante per la sorte della nave. Il Torrione fu investito all’interno dalla grandissima vampata che causò la morte di quelli che vi si trovavano …” (La Nazione del 25 settembre 2005).

Nello scritto di Sergio Santi è detto che la flotta quando si vide aggredita dai bombardieri tedeschi chiese l’intervento al Comando aereo di Venafiorita (Sassari) il quale inviò 4 Macchi 202 che però non trovarono il convoglio. Questa asserzione sembra una inesattezza perché è impossibile non trovare un convoglio di tali dimensioni come era la Squadra navale e perché in quell’epoca gli aerei erano collegati via radio con le corazzate e gli incrociatori. Inoltre sul campo di Milis di Nuoro era dislocato il 51° Stormo Caccia terrestre con almeno 8 Macchi 205, gli aerei di ultima generazione, e numerosi Macchi 202 e RE 2001. Se fosse stato richiesto l’intervento di questo Stormo i bombardieri tedeschi avrebbero avuto nessuna possibilità di successo, data la preminenza dei MC 205 sui bombardieri. A Venafiorita invece esistevano soltanto pochi MC 202 e 12 RE 2001. C’è da dire che forse per la presenza dei tedeschi nella zona di Milis gli aerei non potevano partire. Sta di fatto però che il 51° Stormo dopo alcune settimane dall’armistizio è venuto a Lecce nell’aeroporto di Galatina.
Questa è una verità sulla perdita di circa 1500 uomini in un sol colpo e di un patrimonio inestimabile.
Della Forza aerea raggiunsero gli Alleati in Sicilia, dopo varie peripezie, soltanto l’ 8° Gruppo Caccia e il Gruppo di aerosiluranti del magg. Casini. Gli aerei non furono disarmati. Questi due Gruppi rifondarono la nuova Aeronautica militare.

Viareggio 18 Novembre 2011 Aldo Allegra – ufficiale pilota dell’8: Gruppo Caccia

Roma 20 Febbraio 2012 Gianni Pesce – figlio del Gen.S.A. Giuseppe, pilota dell’8° Gruppo