giovedì 8 settembre 2011

Palazzi Scarciglia


Visualizzazione ingrandita della mappa

Palazzi Scarciglia

estratto da http://www.prolocospongano.it


Li possiamo ammirare di fronte alla parrocchia D. Giorgio e fanno angolo con via Carmine.
E' meno noto quello a sinistra (guardando la chiesa madre) che adesso è conosciuto come palazzo dei Monicini. Quello a destra, invece più famoso perchè è stato utilizzato come municipio e scuola. Entrambi risalgono al '600.
Attualmente è costituito da due pianidi cui uno nobile e uno, il pian terreno, adibito a magazzini e altro.
Dal portone d'ingresso si accede in un androne coperto con volta a botte e da qui in un cortile scoperto su cui si affacciano altri corpi di fabbrica.
Il piano superiore è formato da due stanze, in passato era utilizato come ospedale. Nel 1849 il comune stabilì che il palazzo Scarciglia doveva essere utilizzato come locale per gli ammalati in caso di colera, perchè offriva ogni comodità delle stanze, per lo scompartimento dell estesse. In questo modo consentiva la sistemazione di venti letti e il ricovero degli ammalati distinti in uomini e donne.
Sulla facciata si può notare la cornice di un'ampia finestra sul cui architrave troviamo un'epigrafe, ormai consunta da tempo, con su scritto: "HIC SUNT PATERA FRONDES", per ricordare la devozione del ramo degli Scarciglia.

giovedì 25 agosto 2011

Palazzo di Famiglia



E' stato il palazzo di famiglia Scarciglia dal 1925 a fine millennio.
Immagini linkate dal web, di proprietà dei rispettivi proprietari

domenica 14 agosto 2011

Vigna di Valle



L' Arma Aeronautica ha posizionato questa targa ricordo all'ingresso del Museo di Vigna di Valle.

A nome della famiglia Pesce, ringrazio tutti coloro che hanno contribuito a questa decisione, oltre a tutti i collaboratori del Museo ed il personale AM.

Papà diceva "Più importanti delle macchine volanti, ci sono gli Uomini con le loro storie".

mercoledì 3 agosto 2011

sabato 30 luglio 2011

Ten. Pil. Aldo Allegra atterra a Sarzana

Incidente di volo: indifferenza.

Luglio 1943: sibilano le sirene d’allarme sull’aeroporto di Sarzana ed è subito tutto un correre da ogni parte verso gli aerei da caccia parcheggiati ai bordi del campo.
Fa caldo, è quasi mezzogiorno e i piloti si affrettano ad equipaggiarsi ovvero imbottirsi mentre i motori degli aerei già messi in moto rombano fragorosamente per il necessario riscaldamento.
Tuta Marus di lana con pellicciotto artificiale al collo, salvagente e paracadute, mentre il battellino è già sotto il sedile, casco in pelle impellicciato, con gli auricolari e il filo per la radio, laringofono alla gola per comunicare, pistola Very con i razzi di segnalazione della giornata, sacchetti di polverina fluorescente per segnalazione in mare attaccati ad una gamba.
Occhiali, maschera e bombola con l’ossigeno,batteria radio tra le gambe, e quanto altro ancora da non ricordare
Così conciato mi inchiodo sul sedile con le cinghie strette al massimo avendo trattenuto il respiro e raggiungo la liea di volo e dopo un breve rullaggio decollo e salgo in alto verso il mare.
Ma dove devo andare? Nessuno lo dice, e salgo cabro verso 1000, 2000 metri e la costa si allontana sempre di più- Non si vede nulla intorno, né amici, né nemici.
Chissà chi della Dicat li aveva visti e dove.
Comunque giro per il cielo.
Sento un po’ caldo, ma è normale, è estate, così imbottito e con ilmotore che scalda.
Andiamo avanti tranquilli

Ad un tratto il caldo mi sembra eccessivo a quella elevata quota e mi preoccupa: guardo gli strumenti di bordo ed è tutto a posto. Bene. Ma un improvviso forte scoppio mi allarma: o Dio sarà partito il motore e sono in mezzo al mare.
Ma il motore romba ancora, .l’elica continua i suoi giri, gli strumenti non danno segnali di allarme. Sento un odore di gomma bruciata e istintivamente porto la mano destra sulla levetta del carrello: cede, non è fissata e con breve tocco raggiunge la tacca di fermo.
Capisco che è bruciata na gomma del carrello investita dai gas di scarico e fiamme del motore. Ormai il carrello è rientrato e o può spegnersi l’incendio- o può applicarlo all’aereo. D’altra parte se lo estraggo il vento può riattivare il fuoco. Cosa fatta, cosa decisa. Dirigiamoci su terra e cerchiamo di raggiungere l’aeroporto. Piano piano ci arrivo ed annuncio il guasto al carrello :Passerò basso sulla torre di controllo con il carrello aperto, ditemi cosa è successo. Tutto bene, è la risposta, puoi atterrare. Ma no, non è possibile, farò un altro giro più basso e osservate bene. Si, si, hai ragione, abbiamo visto una gomma scoppiata e lacerata, devi atterrare col carrello chiuso- Finalmente qualcosa di certo. anche se di pericolo.
Allora ragioniamo un po’:bisogna planare ad una giusta altezza per poter spegnere il motore ed essere sicuri di entrare nel campo lungo 800 metri Se arrivo corto vado nella palude antistante, se atterro lungo vado contro i fili dell’alta tensione della ferrovia.
Poi la velocità a motore spento deve essere giusta per non arrivare in picchiata e capotare oppure in cabrata e cadere malamente. Poi bisogna mettere il braccio piegato sul cruscotto per proteggere il viso.
Teniamo a mente tutto ciò, facciamo un giro di campo e planiamo.
Eccoci a terra, un grande fruscio della carlinga sull’erba del campo, l’elica tripale ripiegata che fa da slitta e poi l’aereo è fermo.

Aiuti tempestivi con ambulanza e carro attrezzi, mi aiutano ad uscire dalla cabina, un bicchierino inatteso di cognac e tutto è finito, ognuno torna al proprio posto. Mi avvio moscio per la disavventura, ma nessuna domanda, nessun chiarimento: l’aereo andrà alla SRAM officina aeronautica anche per il cambio motore il cui asse si è piegato. C’è. un altro Macchi 200 a sostituirlo. Un semplice incidente di volo, una svista.
Qualcuno avrà mormorato “che c. a non chiudere bene il carrello!“

Roma 28 luglio 2011 aldo allegra all’epoca s,tenente pilota

La foto è liberamente presa dal Web ed è di proprietà del legittimo proprietario.

venerdì 15 luglio 2011

Intercettazione di F104




Da Grosseto fanno decollare su scramble due F104s per intercettare un PD808 pilotato da Giuseppe Pesce

venerdì 1 luglio 2011

Sicurezza volo



Chi poteva immaginare che il "Grandissimo" Riccardo Peracchi fosse l'ufficiale addetto alla Sicurezza Volo?

I casi della vita.

Comunque tutti i nomi presenti sono, o sono stati, amici di famiglia.

Comunque è rimasto un caro ricordo delle sue presentazioni con l MB 326.

RIP


estratto da http://www.hwupgrade.it/forum/archive/index.php/t-1683648.html


il cobra?? Lu lo faceva a 50 metri prua su o peggio.. prua giù..
Ma il massimo glielo vidi fare una mattina presto fra l'hangar della sperimentale e quello del 71°...
C'erano un fila di alberi lunga un trecento metri ed alti un ventina, era un vero muro con altezza sorprendentemente uniforme. Lui arrivò da sud lentissimo con flap tutti aperti e motore Military... Arrivato sulla verticale del primo albero abbassò l'ala sinistra e DONDOLANDO... RIPETO DONDOLANDO, con il centro di movimento passante il tip, (serbatoio alla fine dell'ala) si fece tutta la fila di alberi con l'ala destra che sembrava un metronomo...

martedì 10 maggio 2011

Giuseppe Pesce, pittore del 1700




Un Giuseppe Pesce, artista romano fece nel 1757 questo quadro ora esposto al Museo San Severo di Napoli.

Vi racomando la visita al Museo! E' interessantissimo!

L'immagine è ovviamente di proprietà del Museo.

venerdì 25 febbraio 2011

Magg. Pil. Vito Valenza




Il Magg. Vito Valenza, aveva avuto una vita avventurosa: abbattuto su Corfù dopo l'8 Settembre 1943, quando non era stata ancora dichiarata guerra alla Germania, era stato "fortunatamente" portato in prigionia.

Il 13 Ottobre 1958 mentre era in coppia con il Magg. Giuseppe Pesce, si è infilato con F84F in una nube sul passo Scheggia (comune di Cantiano) e non era riuscito a superare il crinale della montagna.

RIP

venerdì 18 febbraio 2011

Riappacificazione




Dopo il brusco diverbio dell'inverno 1944, alla base aerea di Campomarino, sede della Balkan Air Force, i due Piemontesi si sono riappacificati.

Testimone dell'evento di riappacificazione, il col Civada, aiutante di volo del Capo di Stato Maggiore Gen. Aldo Remondino.

Recatosi in visita ad un gruppo di caccia operante sulla Jugoslavia e schierato sulla costa adriatica, il sottocapo d S.M. all'ora di colazione entrò con il comandante del reparto nella tenda della mensa ufficiali: volti grigi, quasi patibolari, barbe lunghe, raffreddore epidemico, divise logore, arrangiate con vecchi indumenti italiani e "surplus" della Desert Air Force. Di fatto la base non era che una striscia d'erba e di fango attorno alla quale s'allineavano gli aerei e le tende ove, in quel rigido inverno 194/45, viveva il personale. Il cui animo era però ben saldo come stava a provare una visita compiuta, qualche settimana prima, in un'altra identica base, da Umberto di Savoia, al quale avieri, sottufficiali ed Ufficiali avevano dato dimostrazione di simpatia fra l'altro, intonando spontaneamente poco prima del commiato il vecchio inno Sardo.
Aldo Remondino, invece, non ebbe alcuna manifestazione di simpatia e nella mensa la temperatura, non solo meteorologicamente, era così gelida che il comandante del gruppo per sottrarsi all'imbarazzo ebbe una pensata che fu un rimedio peggiore del male: invitò il "capo calotta" a rivolgere un indirizzo di saluto all'autorevole ospite. Con piemontese solennità e decisione il ventiquattrenne sottotenente si alzò limitandosi a dire " "NO, comandante".
"E perché no?" tuonò Remondino.
Non rivolgendosi all'ospite, bensì al proprio comandante, il "capo calotta" replicò " Perché quello lì è un traditore, stava dall'altra parte...".
"Fetente, figlio di puttana" urlo furioso il Sottocapo "vieni quà che ti spacco il muso!"
"Si accomodi" concluse il giovane ufficiale ormai rimessosi a sedere con le posate nel piatto. Era il meno che potesse accadere. Vent'anni più tardi, presa conoscenza per quanto gli riguardava del risultato di una commissione di avanzamento presieduta da Remondino, l'ex "capo calotta" ebbe motivo di pentirsi di quell'exploit.

Estratto da "Ali e Poltrone" di Giuseppe D'Avanzo - Ciarrapico Editore (pag 446.447)

Con Fanali, le cose andavano meglio

sabato 5 febbraio 2011

Addio alle armi





Al compimento di 60 anni occorre prendere atto del cambiamento di stile di vita.

domenica 2 gennaio 2011

Adriana




Adriana non è riuscita a vedere la fine del 2010.


Il 26 Settembre 2010 ci ha lasciati, senza ritorno.


R.I.P.

venerdì 26 novembre 2010

Gromyko



  Андреeй Андреевич Громiко; Gen Giuseppe Pesce

Incredibile sorriso di Mister Nyet cona Arnaldo Forlani


sabato 2 ottobre 2010

Via Pietro Caselli





A Castellazzo Bormida hanno dedicato una strada a Pietro Caselli.

sabato 3 luglio 2010

Danny Pesce


Un Pesce vittima singola e singolare del 911!


Danny Pesce, 34, manager at Cantor Fitzgerald, loved cars

Doting son, brother, uncle always put others ahead of himself

Date of Death 9/11/2001
By Stephanie Slepian
Advance staff writer
Monday, 10/08/2001

Danny Pesce doted on his niece and nephew, spent weekends with his parents, was passionate about cars and loved a good cigar.

Now, his family is left with memories of the man who always put others ahead of himself. The 34-year-old Cantor Fitzgerald employee is among the missing victims of the World Trade Center attack.

Mr. Pesce, the manager of the company's ticket desk, was on the 105th floor of Tower 1 when the first plane hit. Within two minutes, he was on the phone with his sister.

"As soon as the plane hit the building, he called me and told me to put on the television and let him know what was going on," said his sister, Angela Frunzi. "He said something exploded on his floor. I put on the television and I saw the shape of the plane. I heard him tell all his coworkers that a 'plane hit us.' " Mrs. Frunzi called her husband, Mark, a city police officer, who didn't have any information. Then, she called her brother back and told him to leave the building.

"I told him, 'Just whatever you do, get out. Your building is in flames,' " she recalled. "He said they were just starting to smell the smoke. I told him to put a wet cloth over his mouth and get out."

Mr. Pesce dropped the phone, leaving his sister on the line listening to the desperate escape.

"I heard him directing everyone off the floor," she said. "Then I hung up because I couldn't listen anymore."

The family is not surprised that Mr. Pesce spent his last moments trying to help his co-workers.

"He always put himself last," said his brother-in-law, Mark. "Every day, I open the paper and there's another Cantor Fitzgerald employee. It's scary." Mr. Pesce was a devoted son, brother and uncle.

"He was a bachelor, so he would spend the weekends taking care of our parents," Mrs. Frunzi said. "He would take my dad shopping and my mom to the doctor's office. He was very family-oriented."

Much to the delight of his niece and nephew, Christina and Vincent Frunzi, Mr. Pesce was always buying them toys.

"He loved to go shopping for them," Mrs. Frunzi said, adding that Vincent was also Mr. Pesce's godson. "That's all he ever did."

Mr. Pesce also enjoyed computers, "Star Trek" and cars.

"He never bought a new car, but he was always talking about them," Mrs. Frunzi said. He was saving up to buy a Ford Taurus.

Born in the Carroll Gardens section of Brooklyn, Mr. Pesce moved to Eltingville in 1986.

He was a parishioner of Holy Child R.C. Church, Eltingville.

Mr. Pesce received an associate's degree in business from the College of Staten Island and began his career with Cantor Fitzgerald in June 1993, starting out in the mailroom.

In addition to his sister, Angela, his brother-in-law, Mark, and his niece and nephew, Christina and Vincent, Mr. Pesce is survived by his parents, Chiara and Paul, and his brother, Frank.