sabato 10 settembre 2011

Bombardamento di Terni

Poco più di 2 anni fa, il 14 aprile 2009 nella sua abitazione di Orte è serenamente mancato il generale Giuseppe -Pino- Pesce, ispettore Generale delle forze aree del nostro Paese.

Nato ad Alessandria Pesce, nel 1920 è entrato in Aereonautica nel 1939 e ne è uscito nel 1942 sottotenente pilota. Il suo nome è legato ad un episodio che interessa la storia della nostra città: il primo, terribile, bombardamento dell’11 agosto 1943 che distrusse la città e causò, con la prima ondata di 12 apparecchi, quasi 1000 morti. Oggi ricorre il 68° anniversario. La storia è semplice, ma affascinante. Siamo nel giugno 1943 poco prima della caduta del fascismo e all’uscita del nostro paese dalla tragica guerra 1939-1945.
«Il 12 giugno era una giornata limpida e serena, la visibilità era perfetta», scrive il giovane tenente Pesce. «Improvvisamente un P38, un modernissimo caccia americano, facilmente riconoscibile come tale, non segnalato dalla Dicat e convinto di essere a Malta, si presentò nel cielo di Capoterra, un aeroporto di emergenza vicino a Cagliari, dove io, Giuseppe Pesce, prestavo servizio». Il racconto continua. Il P38 atterrò regolarmente, ma quando il giovane pilota americano si accorse che gli avieri erano italiani tentò inutilmente di ripartire. Fu subito arrestato. Il colonello Aldo Remondino comandante del XX gruppo Caccia ordinò l’immediato trasferimento della ricca preda bellica a Guidonia. Furono dipinte sul timone di coda le insegne italiane e presi accordi con l’attiguo reparto caccia tedesco per la partenza di un aereo amico ma di inconfondibile aspetto americano. Doveva volare indisturbato. Ai comandi era il colonello Angelo Tondi, esperto di prede belliche. Atterrato a Guidonia, Tondi costituisce una sezione di attacco, utilizzando i velivoli piu veloci, tra i quali anche il P38 di preda bellica. Ma gli allarmi della Dicat erano sempre tardivi e le partenze dei caccia erano senza successo.
Finalmente l’11 agosto 1943, Tondi coglie nel segno: al comando del P38, intercetta una formazione di 12 B24 Liberators, al largo di Tor Vaianica, reduci, si seppe in seguito, dal bombardamento su Terni dove avevano costituito la prima ondata di attacco. Il P38 si affianca indisturbato alla formazione nemica, saluta gli avieri nemici, si pone in coda all’ultimo quadrimotore della formazione e lo abbatte con una precisa raffica del devastante armamento del P38. Si aprono 3 paracaduti. I superstiti saranno fortunosamente salvati da una silurante nemica dopo una lunga permanenza nelle gelide acque del Mediterraneo. Questa è più o meno la prima versione dell’accaduto, che il generale Pesce diffonde con conferenze e articoli sulla stampa specializzata. Ma il racconto non viene creduto o, quantomeno viene accolto con pesanti riserve dagli addetti ai lavori.
Questi non possono accettare che un pilota italiano o uno tedesco, senza disporre del libretto di volo, nè conoscere le caratteristiche del P38 salga a bordo di un sofisticato aereo nemico, un bimotore di 18000 libbre, dotato di un carrello triciclo, i comandi scritti in una lingua sconosciuta, e, poi decolli senza problemi, anzi porti il velivolo in combattimento. Tutto questo, dicevano, è pura fantasia. Come si poteva fare per distinguere fra verità e menzogne, fra la memoria e il mito? E visto che a distanza di anni nessuno era stato in grado di smentire, come si poteva essere sicuri che il racconto fosse stato inventato? Alcuni fatti pesavano come macigni. Nell’aviazione civile ieri come oggi, il passaggio del pilota da un aereo ad un altro è sempre governato da regole ferree e si traduce, per il pilota, in tempi dell’ordine di molti mesi di intenso e stressante lavoro. Un solo dettaglio, sottolineavano, poteva essere decisivo: la leva del gas che negli aerei italiani si muove all’indietro, cioè verso il pilota, negli aerei americani si aziona in senso opposto. Come faceva il colonello Tondi a conoscere tutto questo? Nella diffidenza ad accettare questa versione, forse giocava il penoso ricordo del comandante Grossi che al comando di un sommergibile si era attribuito l’affondamento di 2 corazzate Usa.
Il Grossi, accolto al ritorno come un eroe, era stato premiato con 2 medaglie d’oro, per essere poi duramente punito quando l’intera vicenda si rivelò un falso. Poi, a distanza di oltre 50 anni dagli avvenimenti, la pubblicazione (anche su Internet) dei diari di guerra americani (Usaf Chronology Mediterranean 1939/1945) e sopratutto il Missing Air Crew Report dell’Usaf numero 430, racconta la vera storia, comunque quella ufficiale Usa, confermando la versione del generale Pesce. L’aereo abbattuto dal Tondi non è un B24 ma il B17, 42- 30043 di base a Oudna in Tunisia, facente parte della prima formazione di attacco su Terni dell’11 agosto 1943. L’aereo gravemente colpito riuscì a tornare in Tunisia ma fu costretto ad un atterraggio fuori campo. Nessuna perdita umana in quanto i 3 avieri che avevano cercato la salvezza con il paracadute furono ripescati in mare due giorni dopo da un idrovolante anfibio Catalina, 63 miglia ad ovest di Capo Circeo. Gli altri 6 erano rimasti a bordo. I nomi dei 3 naufraghi sono Richard E, Jameson, navigatore, Peter M. Robeck, bombardiere e Jack Led Ford, mitragliere di coda. E questa fu l’unica perdita (ufficiale) di velivoli nell’incursione dell’11 agosto 1943 su Terni. Per contro il bollettino di guerra 1174 del nostro Comando Supremo, scriveva. «La nostra caccia attaccava gli aerei avversari e nei duri combattimenti protrattisi anche al largo delle costa, ne abbatteva nove». E, infine, da parte nostra, alla ricerca dei pochi frammenti di umanità e verità che valga la pena di conservare nella tragedia della guerra, perchè non rintracciare i superstiti del B17 e insieme ricordare questi tragici fatti?

Dal Messaggero (Edizione di Terni) del 11/8/2011

1 commento:

Aviatore di Orte ha detto...

In realtà le Fortezze Volanti colpite furono due: una precipitata a 100 km dal Circeo e l'altra danneggiata in maniera tale che non rientro all'aeroporto di partenza ma fu costretta ad effettuare un "fuori campo".

L'attacco fu frontale, come in un torneo cavalleresco.

Fu colpita la cabina di pilotaggio, in particolare la zona del secondo pilota.

Il col. Angelo Tondi fece sette o otto passaggi ricevendo ogni volta una serie impressionante di colpi da parte dei mitraglieri dei B17, che nel rapporto ufficiale parlano si "Spray" di proiettili.

Qualche colpo lo ricevette da parte di un C 205 che ignorava il fatto che il P38 fosse italiano.